Le donne sandwich si trovano ad affrontare una sfida difficile: fare da madre ai propri genitori e ai propri figli. Una condizione comune nel nostro Paese. Assieme agli esperti parliamo di tutte le problematiche del caso, cercando di trovare insieme una vita d'uscita (e la serenità)
Imparare a prendersi cura di chi prima si prendeva cura di noi: è la sfida che devono affrontare le cosiddette “donne sandwich”, quelle che sono contemporaneamente coinvolte su due difficili “fronti” come quello di assistere un anziano genitore e di accudire un figlio in età evolutiva o adolescente. Una sfida al femminile che porta le donne a diventare madri dei propri genitori muovendosi come acrobati tra casa, figli, lavoro, medici e pratiche burocratiche per l’accesso alle cure. Come conciliare le esigenze della propria vita con i bisogni dei genitori che invecchiano e spesso sono malati (quando non più autosufficienti)? Come superare il senso di colpa che ci assale quando consideriamo i genitori che invecchiano come un peso da portare? Lo abbiamo chiesto a Daniela Ciccarelli, psicologa esperta in psicoterapia familiare.
Le donne sandwich si trovano ad affrontare una sfida difficile: fare da madre ai propri genitori e ai propri figli. Una condizione comune nel nostro Paese. Assieme agli esperti parliamo di tutte le problematiche del caso, cercando di trovare insieme una vita d'uscita (e la serenità)
Imparare a prendersi cura di chi prima si prendeva cura di noi: è la sfida che devono affrontare le cosiddette “donne sandwich”, quelle che sono contemporaneamente coinvolte su due difficili “fronti” come quello di assistere un anziano genitore e di accudire un figlio in età evolutiva o adolescente. Una sfida al femminile che porta le donne a diventare madri dei propri genitori muovendosi come acrobati tra casa, figli, lavoro, medici e pratiche burocratiche per l’accesso alle cure. Come conciliare le esigenze della propria vita con i bisogni dei genitori che invecchiano e spesso sono malati (quando non più autosufficienti)? Come superare il senso di colpa che ci assale quando consideriamo i genitori che invecchiano come un peso da portare? Lo abbiamo chiesto a Daniela Ciccarelli, psicologa esperta in psicoterapia familiare.
Inversione dei ruoli. Cosa succede in quel momento della vita in cui i ruoli si invertono e da figli si diventa «genitori» dei propri genitori lo ha raccontato anche Laura Chiassone nel suo lungometraggio "Tra cinque minuti in scena". Il film, uscito nel 2013, racconta la vita dell’attrice Gianna Coletti, figlia combattuta tra lavoro e cura della madre malata non più autosufficiente. Una storia che verosimilmente rispecchia il conflitto che molte donne italiane vivono ogni giorno visto che l’Italia vanta il primo posto come Paese più vecchio del «vecchio» continente. “Sono diventata la madre di mia madre. Mia figlia ha 90 anni” scrive la Coletti nel suo blog mammeacarico. “Fino a qualche anno fa non ero disperata, ero disperatissima. Non solo perché vedevo il suo decadimento fisico, mentale, ma soprattutto perché lei non accettava nessun aiuto esterno. Voleva che l’aiutassi solo io” racconta l’attrice aggiungendo che per la madre nessuna badante andava bene.
Una “nuova” famiglia. Spesso capita che subentri la malattia di un genitore anziano proprio in una fase particolare della vita di un figlio, ad esempio nell’età evolutiva o durante l’adolescenza. “Riuscire a soddisfare i bisogni di attenzione di entrambi richiede una nuova struttura relazionale all’interno della famiglia” spiega la psicologa. “Per l’anziano non è facile accettare la vecchiaia, soprattutto se nel corso della vita è sempre stato indipendente e d’aiuto per gli altri”. L’anziano evidenzia due tipi di bisogni crescenti: necessità di dipendenza fisica (a seconda delle sue condizioni di salute), e bisogno di conservare un’identità adulta (bisogno di autonomia). “Il conflitto tra questi due bisogni segna profondamente il significato delle relazioni tra genitori e figli. I genitori anziani devono elaborare l’idea di dover dipendere dai loro figli, e questi a loro volta devono pensare di farsi carico di genitori sempre meno autonomi”. Questo nuovo evento mette alla prova tutto il sistema familiare. L’anziano che non è autosufficiente va a vivere con il figlio, quindi bisogna creare uno spazio per il nuovo ospite in famiglia, ridefinendo anche la struttura della casa, dando ad esempio una stanza al genitore malato, sacrificando uno spazio ai figli. Questa nuova ridefinizione potrebbe creare disagi alla “nuova famiglia”, bisogna dunque riuscire a mediare con tutti i membri presenti.
Fasi della vita. Non sono rari i casi in cui tutto succede nello stesso momento e quindi, ad esempio, una donna scopre di aspettare un bambino e allo stesso tempo scopre la malattia di un genitore. Si passa quindi da una notizia gioiosa ad una estremamente triste. Quale emozione far prevalere? Come gioire per la vita che sta nascendo dentro di noi senza sentirsi in colpa per quella che sta finendo? “Per quanto sembri assurdo e difficile, una volta che si è consapevoli della malattia di un genitore, bisognerebbe condividere i momenti gioiosi il più possibile con loro” spiega la dottoressa Ciccarelli. Coinvolgerli nelle decisioni da prendere in merito, ad esempio, all’organizzazione di un matrimonio, di una nascita o di una comunione di un nipote potrebbe dare loro l’idea di essere ancora utili. “Prendere in considerazione le loro opinioni e i loro consigli sul da farsi è d’aiuto per il genitore che si sente importante pur non potendo ad esempio uscire di casa e per il figlio che sente ancora di poter godere dell’aiuto e dell’attenzione del genitore”.
Accettare un aiuto esterno. Spesso l’idea di farsi aiutare non viene presa in considerazione perché vissuta come una sorta di “scarico” delle responsabilità e anche perché si è convinte di farcela da sole. “Ma accettare un aiuto non vuol dire abbandonare il proprio genitore. Un aiuto è una risorsa all’interno della famiglia. Chi non lo accetta è costretto a sacrificare la propria vita, i propri impegni e quelli dei figli creando così un disagio all’interno del nuovo sistema familiare” avverte l’esperta. Potrebbe nascere un accumulo di tensioni che la famiglia non riesce a sostenere, quindi ricorrere ad aiuti esterni, come ad esempio una badante in determinate ore del giorno, oppure programmi educativi e di sostegno per la famiglia con un anziano, possono aiutare a non cambiare del tutto la loro vita quotidiana. “Il senso del dovere nei confronti del proprio genitore malato non deve prevalere sulla nostra vita perché si rischia di trascurare i figli e il partner creando disagi”.
Superare il senso di colpa. Quando sorge la necessità di prendersi cura dei genitori, d’istinto la donna si offre volontaria, ma ad un certo punto ne sente tutto il peso e scatta la voglia di un po’ di libertà per riprendere fiato. Salvo poi dover fare i conti con il senso di colpa per aver pensato ai propri cari come ad un peso troppo grande da sopportare. “Se non riusciamo ad accettare l’idea che l’anziano ha bisogno di noi e la convivenza con lui diventa un peso, portando problematiche anche all’interno della famiglia, potrebbe essere opportuno pensare di portare l’anziano in una struttura competente dove potrà essere accudito con cure adeguate” suggerisce Ciccarelli. “Questo non vuol dire abbandonare il proprio caro: sono molte le strutture che organizzano eventi con i parenti, cercando di integrarli il più possibile all’interno della struttura e nella vita dell’anziano. In alcuni casi questo distacco fisico aiuta a riequilibrare i rapporti con l’anziano e con tutta la famiglia, il distacco fisico non è un distacco emotivo”. Andare a trovarli spesso, cercando una struttura non molto lontano da casa, essere presenti nella loro vita invitandoli a casa ogni qual volta è possibile, è un modo di accudire il proprio caro che ci permette di non essere assaliti dai sensi di colpa.
E gli altri membri della famiglia? Di recente la Cina ha varato una nuova legge che prevede che i figli adulti facciano visita ai propri genitori “frequentemente”. Il provvedimento è nato in seguito al fatto che la popolazione cinese sta invecchiando rapidamente a causa della politica del figlio unico. In Italia, non abbiamo certo bisogno di una legge che ci imponga di stare vicino ai nostri genitori, ma spesso non tutti i membri della famiglia sono ugualmente disponibili: magari c’è chi se ne occupa di più e chi, invece, se ne lava le mani. Le ricerche dimostrano che sono le figlie femmine a fornire la maggior parte delle cure, soprattutto in termini di assistenza diretta, ai genitori. Molto dipende dagli impegni lavorativi ma anche dal rapporto che si ha tra fratelli e con gli stessi genitori. La condivisione della cura dei propri cari, però, è fondamentale: ad esempio c’è chi può offrire assistenza quotidiana ospitando il genitore anziano nella propria casa, chi invece può accompagnarlo in determinati luoghi (ad esempio dal medico), chi può occuparsi delle spese, dando un contributo economico e poco fisico. L’importante è che ciascuno faccia la sua parte anche perché si può condividere il dispiacere e le preoccupazioni per i propri genitori.
A chi chiedere aiuto. Non sempre i figli riescono a prendersi cura dei genitori specie se vivono e lavorano in un’altra città o se hanno a loro volta dei problemi di salute. Un possibile punto di riferimento può essere l’Auser, un’associazione di volontariato e di promozione sociale, impegnata nel favorire l'invecchiamento attivo degli anziani che dispone di 8 mila volontari distribuiti su tutto il territorio nazionale. Attraverso il loro numero verde (800995988, attivo tutti i giorni dalle 8 del mattino alle 20 della sera) ricevono 2 milioni 360 mila chiamate l’anno. I volontari accompagnano l’anziano ad una visita specialistica o fanno trasporto sociale visto che con la centralizzazione degli ospedali e la chiusura delle strutture sanitarie più piccole, spesso c’è un ospedale ogni 10 o 20 comuni. Ma ci sono anche gruppi di auto mutuo aiuto pensati proprio per supportare le donne che si prendono cura dei genitori anziani. Come il gruppo “Far da madre ai propri genitori” istituito presso il comune di Casalecchio, in provincia di Bologna, che accoglie una volta al mese le donne (ma è aperto anche agli uomini) che hanno una madre o un padre da accudire. “Nei nostri incontri ci confrontiamo sui problemi comuni legati anche alla carenza dei servizi sociali e sanitari” spiega Lucia Berardi, psicologa e coordinatrice del gruppo di aiuto. “Ma la maggior parte di chi partecipa lo fa per sfogarsi con altre persone che stanno vivendo il loro stesso disagio emotivo anche perché non sempre i rapporti con i genitori da accudire sono idilliaci e qualche volta ci sono delle questioni in sospeso che rendono tutto più faticoso”.
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