Anche se gli inibitori del VEGF sorafenib e sunitinib sono ampiamente usati e tipicamente efficaci per il trattamento del carcinoma renale metastatico, l’uso di entrambi gli agenti nel setting adiuvante, dopo l'intervento chirurgico, sembra non migliorare gli outcome per i pazienti con un tumore localmente avanzato. Il risultato arriva dallo studio di fase III ASSURE, presentato in occasione del Genitourinary Cancers Symposium a Orlando, in Florida.
Anche se gli inibitori del VEGF sorafenib e sunitinib sono ampiamente usati e tipicamente efficaci per il trattamento del carcinoma renale metastatico, l’uso di entrambi gli agenti nel setting adiuvante, dopo l'intervento chirurgico, sembra non migliorare gli outcome per i pazienti con un tumore localmente avanzato. Il risultato arriva dallo studio di fase III ASSURE, presentato in occasione del Genitourinary Cancers Symposium a Orlando, in Florida.
Un’analisi ad interim dei dati dello studio ha rivelato che entrambi gli inibitori non hanno ridotto le recidive. La sopravvivenza libera da malattia (DFS) mediana è risultata, infatti, di 5,6 anni sia con sorafenib sia con sunitinib e di 5,7 anni con il placebo."L'uso di inibitori multitarget delle tirosin-chinasi del VEGF, tra cui sunitinib e sorafenib, nella malattia avanzata ha fornito un beneficio sotto foma di controllo della malattia a migliaia di pazienti" ha detto la prima autrice dello studio, Naomi B. Haas, dell’Abramson Cancer Center dell'Università della Pennsylvania, in conferenza stampa. "Tuttavia, l’attuale standard di cura per i pazienti con malattia resecata non metastatica è l’osservazione stretta" ha ricordato l’oncologa.Ci si è dunque chiesti, ha proeguito la Haas, se questi inibitori del VEGF potessero fornire un beneficio anche ai pazienti con un tumore primario resecato nel setting adiuvante.Per rispondere a qusta domanda, l’oncologa e i colleghi hanno arruolato 1943 pazienti con un carcinoma renale localmente avanzato considerati ad alto rischio di recidiva in base alla dimensione del tumore e ad altri fattori, tra cui l’istologia (a cellule chiare oppure no), il coinvolgimento dei linfonodi e l’ECOG performance status.I partecipanti sono stati divisi in te bracci e assegnati alla terapia adiuvante con sorfenib, sunitinib oppure un placebo per un anno. Sorafenib è stato somministrato quotidianamente, mentre sunitinib è stato somministrato ogni giorno per 4 settimane in un ciclo di 6 settimane.L'endpoint primario dello studio era la DFS e lo studio era progettato per trovare un miglioramento da 5,8 a 7,7 anni (HR 0,25). Tra gli endpoint secondari c’erano la sopravvivenza globale (OS) e gli effetti collaterali della somministrazione prolungata.In occasione di un'analisi ad interim dei dati, il Data Safety Monitoring Committee ha raccomandato di comunicare i risultati, sebbene non fossero stati superati i limiti di non efficacia o inutilità.I pazienti dei bracci sorafenib e sunitinib hanno fatto una mediana di 8 cicli di terapia (range 1-9), mentre i quelli del braccio placebo una mediana di 9 cicli (range 1-9), ha riferito la Haas."E 'importante sottolineare che gli inibitori delle tirosin chinasi non sono la chemioterapia. Si comportano in modo diverso e quindi non possono essere efficaci contro la malattia micrometastatica come lo è la chemioterapia in altri tumori solidi" ha affermato l’autrice.La Haas e i colleghi stanno comunque eseguendo ulteriori analisi nella speranza di identificare uno o più sottogruppi di pazienti che possano beneficiare di questi farmaci.Al di là di questo, altri studi (come lo studio ATLAS, in cuisi sta valutando axitinib, e lo studio SORCE, su sorafenib) si stanno concentrando su questioni concernenti la durata del trattamento.
N.B. Haas, et al. Initial results from ASSURE (E2805): Adjuvant sorafenib or sunitinib for unfavorable renal carcinoma, an ECOG-ACRIN-led, NCTN phase III trial. 2015 Genitourinary Cancers Symposium; abstract 403.
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